Cascina Monastero a Baggio

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Al centro dello splendido borgo di Baggio, ricco di testimonianze secolari, si trova l’attuale sede del Consiglio di Circoscrizione 7 (precedentemente Zona 18), ospitata in una cascina che, come suggerisce il nome, era un monastero.
Il monastero fu fondato da Balzarino Pusterla, divenuto genero di Luchino I Visconti per averne sposata la figlia Orsina; dopo aver visitato l’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, nel Senese (da poco annesso al Ducato di Milano), il Pusterla decise di replicare l’atmosfera austera che vi aveva trovato anche in quel di Baggio, e contribuì con propri fondi e con un lascito testamentario (nel 1407) alla sua costruzione, con l'impegno da parte dei monaci a ricordarlo dopo la morte e a conservare il suo sepolcro nella Chiesa. Anche la moglie Orsina fu generosa benefattrice del monastero.

L’operosa vita dei monaci portò nel monastero calligrafi, intarsiatori ed anche Santi, alcuni dei quali piuttosto noti.
Tra i calligrafi va senz'altro ricordato Alessandro da Sesto, che fu anche nel 1468 il primo priore del monastero olivetano di Nerviano. Calligrafo e miniaturista, a lui si devono numerosi codici medievali, tra cui i 21 Codici Corali miniati conservati nel Museo del Duomo di Chiusi e provenienti dall'abbazia di Monte Oliveto Maggiore.
Tra gli intarsiatori passati di qui riveste un ruolo di rilievo fra' Giovanni da Verona, che fu anche miniatore e scultore nonché architetto italiano attivo tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo; realizzò tra il 1503 ed il 1506 gli stalli dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, in parte oggi posti nel duomo di Siena, in seguito fu a Roma, presso il Vaticano, ove eseguì gli scranni e le tarsie per la Stanza della Segnatura e infine a Lodi, impegnato nei lavori del coro ligneo della Cattedrale.
Per quanto riguarda invece i Santi, va ricordato Francesco della Ringhiera (o Ringhieri), monaco olivetano bolognese letterato e appassionato di tragedie.
In seguito il numero dei sacerdoti calò, fino ad una punta minima di due, ma la fama del cenobio non ne venne sminuita; persino San Carlo Borromeo vi soggiornò più volte.
Ma le soppressioni che nel 1773 colpirono gli ordini per ordine del governo austriaco ne causarono la chiusura nonostante un tentativo estremo dei fratelli Pusterla, che non riuscirono a provare di essere gli eredi di Balzarino.
Il complesso fu così venduto all’asta e adibito a cascina, dal quale fatto viene il nome con cui è noto adesso; vi furono ospitati artigiani, operai e contadini, che ne coltivarono i campi circostanti fino agli anni '50 del ventesimo secolo. Sottratta a una speculazione edilizia ed evitato l'abbattimento, la cascina fu acquisita nel 1960 dal Comune, che negli anni Ottanta la fece restaurare; un ulteriore intervento ha riportato pochi anni fa gli affreschi al loro splendore originario.

L’antico monastero Olivetano (detto “el monastee”) è un bell’esempio di architettura lombarda dei primi anni del Quattrocento (per quanto riformato nel Settecento), dotato di una struttura a tre corti chiuse, di cui una adibita ad uso agricolo, e ci offre tuttora un bel loggiato del XV secolo, mentre dei chiostri che lo completavano verso est è rimasta una flebile traccia; il giardino interno è diventato un parco pubblico, che ne ha conservato le dimensioni, e non vi è più traccia della medievale chiesa abbaziale di Santa Maria.
Tuttavia all’interno si trovano tuttora interessanti affreschi del Cinquecento e del Settecento, raffiguranti temi mitologici e recentemente restaurati, ospitati nella Sala Consiliare e nelle sale attigue.
Una leggenda racconta la presenza di un fantomatico "cunicolo" sotterraneo che avrebbe dovuto collegare "el Monastee" con Santa Maria Rossa di Monzoro, edificio tuttora presente in fondo a Via Cusago; i racconti in proposito parlano anche di partigiani che lo avrebbero usato come via di fuga, o deposito di munizioni, e di un cavaliere che l'avrebbe attraversato in sella ad un destriero. Il misterioso cunicolo però non è stato mai rinvenuto, mentre si sa che antri bui, cantine e lunghi corridoi sotterranei erano presenti nel monastero, ma terminavano al muro di cinta del complesso.
Nel Parco infine sopravvivono ancora tre gelsi che testimoniano l'antico allevamento di bachi da seta all'interno della Cascina: i contadini infatti, per arrotondare il magro salario, rivendevano i bachi ad una filanda di Baggio, attiva fino al 1935.

La Cascina Monastero può essere raggiunta dal centro con la Metropolitana 1 scendendo alla fermata Bande Nere e proseguendo con l'autobus 67.